La parola stalking in inglese significa “inseguire, tallonare, braccare” e, secondo la definizione di Maran del 2010, è un tipo di aggressione da parte di un persecutore che irrompe nella vita di un altro soggetto in modo continuativo, prevaricatore e distruttivo, causandogli gravi conseguenze fisiche e psicologiche, come stati ansiosi che possono avere un forte impatto sulla sua esistenza.

Esempi di stalking:

– seguire

– assillare mediante messaggi, telefonate, email, squilli di campanello

– lasciare oggetti o altri messaggi sulla porta dell’abitazione, sull’automobile, nei luoghi professionali

– aggressioni fisiche o verbali alla persona, ai suoi conoscenti/fmiliari/amici o ai suoi possedimenti

– minacce

– diffamazione

– ricerca di dati personali o sulla routine della vittima

C’è un fil rouge che unisce queste azioni: la vittima ne è impaurita o esasperata, talvolta al punto da non riuscire a sporgere denuncia. Temono di incorrere in ulteriori rappresaglie.

 

Origine del termine Stalking

Nonostante questo tipo di condotte siano sempre esistite, è solo di recente che la psicologia e la legge ne hanno messo a fuoco la portata.

A metà del secolo scorso era nota l’espressione “star- talking” per riferirsi ai medesimi fenomeni, però rivolti a personaggi celebri. Di solito si trattava di fans con disturbi psichici.

Solo all’inizio degli anni ‘10, però, il fenomeno fu preso in considerazione nella sua più ampia declinazione, dopo che, per anni, anche nelle pellicole cinematografiche si era iniziato a trattarlo.

 

Chi è lo Stalker?

Si tratta di un soggetto che non sempre è agevole inquadrare in un profilo psicologico ben delineato. Senz’altro possiamo dire che presenti una compromissione relazionale ed affettiva. C’è chi a tentato di sottolinearne delle caratteristiche stabili attraverso i data base delle forze dell’ordine o la categorizzazione del tipo di legame che essi hanno con le proprie vittime (attaccamento affettivo e/o persecutorio), oppure a seconda dei loro obiettivi/intenti.

Si evincono alcune tipologie:

il predatore; ricerca un contatto sessuale, spinto anche dell’intimidazione subita dalla vittima.

ilbisognoso d’affetto” che vuole intessere un rapporto affettivo e distorce ogni segnale della vittima per trasformarlo in una conferma.

il risentito; generalmente aveva una relazione affettiva che è stata interrotta dalla vittima. Si sente in credito, ed è per questo che spesso danneggia i beni materiali dell’ex partner

il corteggiatore impacciato.

 

Nel 2000 Mullen e Purcell hanno messo a punto una catalogazione multi-assiale:

– nel primo asse vennero annoverati il contesto e l’intento dello stalker

– nel secondo il tipo di rapporto antecedente tra vittima e persecutore

– nel terzo la diagnosi psichiatrica (psicosi vs disturbi di personalità)

 

E’ stata anche ipotizzata una correlazione tra i fenomeni di stalking e la teoria dell’attaccamento di Bowlby. Si ritiene che un possibile predittore sia l’attaccamento insicuro-ambivalente-ansioso: ansia relazionale correlata a gelosia e rabbia.

 

La vittima di Stalking

I soggetti perseguitati possono attraversare una gamma di reazioni che vanno da stati di allerta a stress fino a condizioni di paura intensa, panico, rabbia verso lo stalker, o di vergogna per ciò che stanno vivendo.

E questi vissuti possono rendere le persone isolate ed esitanti o restie a chiedere l’intervento di qualcuno, fino a scivolare in uno stato patologico, in cui la loro vita è stravolta e le loro routine profondamente modificate. Alcune vittime escono meno, lavorano meno o smettono di lavorare, altre cambiano lavoro e casa. Un’altra conseguenza sono i disturbi del sonno e i pensieri ricorrenti o intrusivi. Aumentano il consumo di nicotina e alcool, i pensieri suicidari, e l’avversione al sesso.

Si ritiene che l’importanza della sintomatologia sia equiparabile a quella del disturbo post-traumatico da stress.

 

Terapia 

La relazione terapeutica può fungere da relazione riparatoria i cui fondamenti sono la fiducia e l’ascolto non giudicante, da affiancare al lavoro sulla rete sociale e alle eventuali risoluzioni legali.

Nei casi più gravi, si può intervenire anche con la farmaco-terapia.

Anche i gruppi terapeutici o di auto-aiuto possono svolgere un ruolo decisivo per ridurre la vergogna o l’isolamento. Se necessario anche gli affetti più cari della vittima possono prender parte alle sedute. 

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Dott. Silvio Remedi

Dott. Silvio Remedi

Ho frequentato una scuola di specializzazione in psicoterapia della Gestalt a indirizzo fenomenologico-esistenziale.

Lavoro come psicoterapeuta dal 2010. Il nucleo del mio lavoro sono le emozioni e la loro trasformazione.

Ricevo nel mio studio a Roma Prati e San Giovanni.